La Chimera di Vasari
Piccoli approfondimenti relativi a personaggi e situazioni
del romanzo
"La Chimera di Vasari"
Pillola n° 5
Si fa presto a dire Etruria (brevi note sul territorio)
La vicenda narrata in “La Chimera di Vasari” inizia presso le mura della città etrusca di Aritim nel lontano passato. In un tempo situato all’incirca 400 anni prima della nascita di Cristo. Ma la civiltà etrusca è assai più antica. Si parte dal nono secolo a.c. con le prime fasi della cosiddetta cultura villanoviana, per arrivare fino al primo secolo a.c. quando ormai arresi allo strapotere latino, gli etruschi si fondono con la nascente civiltà romana. Mille ipotesi sono state fatte sulle origini di questo popolo talmente assimilato dai romani che della loro religione, della loro lingua e del significato delle iscrizioni rimaste nelle loro necropoli, si è persa per lungo tempo ogni conoscenza.
Solo recenti studi, effettuati mediante comparazione del DNA, hanno mostrato come il ceppo principale della popolazione etrusca sia stato di origine autoctona. Ovviamente, grazie all’espansione dai primitivi territori di appartenenza, gli etruschi si incrociarono con ceppi greci, latini, celti, umbri e persino corsi. Sì, perché l’Etruria non era, geograficamente parlando, l’odierna Toscana. O meglio, solo una parte del territorio etrusco è rappresentato dalla regione in cui meglio si è sviluppato il Rinascimento. Certamente i toscani possono a buon titolo definirsi discendenti degli Etruschi, ma a pari loro, molte altre popolazioni italiche. I Ràsenna o Rasna (gli etruschi) infatti, sono presenti con le loro città in una vasta porzione del territorio Italiano e probabilmente tutto lo avrebbero conquistato se non si fossero scontrati con Roma. Il nucleo più importante della nazione etrusca era formato dalla dodecapoli. Dodici città unite da un’alleanza militare e religiosa che permise loro di tener a lungo testa ai latini. Da nord a sud: Arezzo, Volterra, Cortona, Perugia, Chiusi, Polulonia, Vetulonia, Volsini, Vulci, Tarquinia Cerveteri e Veio. Quest’ultima tanto vicina a Roma da essere la prima a cadere dopo lungo assedio nel 396 a.c., pochi anni prima dell’inizio del mio racconto.
Ma altre città furono etrusche agli albori d’Italia. Per citarne alcune: Mantua (Mantova), Adria, Spina sul delta del Po, Felsina (odierna Bologna) e la vicina Kainua, Alaia in Corsica, conquistata da un’alleanza etrusca-cartaginese. Gran parte dell’odierna Campania fu etrusca, controllata da una dodecapoli campana che comprendeva Nola, Nocera, Ercolano, Pompei, Sorrento, Marcina, Velcha, Velsu, Irnthi, Uri, Hyria e Capua sul modello dell’altra esistente più a Nord.
Parlare dell’Etruria vuol dire quindi parlare di un vastissimo territorio in cui sono state lasciate tracce non del tutto cancellate dai secoli. Nel romanzo si parla di Aritim (Arezzo) nel cui museo etrusco, bellissime anfore meritano una visita suppletiva alla città che seppe fornire, con la creazione dei vasi corallini (ceramiche finissime a pasta rossa), una manifattura apprezzata in tutto l’impero romano per circa due secoli.
Poi l’industria aretina delle ceramiche fu spazzata via dal mercato da “merce di importazione” proveniente dalla Gallia… Ma questa è un’altra storia.