Noi Nati Nei '50

Partendo dalla nascita del protagonista, attraverso un ventennio di storia italiana descrivendo e amplificando note ed accadimenti personali come parti del vissuto generale di una intera generazione. Si fa leva quindi sul senso di auto immedesimazione del lettore per entrare con lui in una sorta di simbiosi storica trattando il tutto con leggerezza ed ironia ma anche con un forte ancoraggio agli avvenimenti reali di quegli anni.

I ragazzi nati in quegli anni, hanno attraversato la fine dei’60 e l’inizio dei ’70 a cavallo dei loro 20 anni vivendo un epopea irripetibile dal punto di vista del costume, della musica e dell’evoluzione della società non solo italiana.

Attraverso i ricordi di me, ragazzo nato negli anni ’50, si compone l’affresco di un’epoca che ha gettato le basi del nostro presente e del nostro futuro.

https://www.facebook.com/noinatinei50/


Filmato finale Noi Nati Nei '50.mp4

Prime pagine di NOI NATI NEI '50

Sillabe di Sale Editore 2015 Tutti i diritti riservati


NOI NATI NEI '50

Infanzia

Siamo stati i figli del Boom Economico, la generazione post guerra, la fiducia nel futuro.

L’Italia e l’Europa intera si stavano riprendendo dalla batosta militare che aveva lasciato stremati vincitori e vinti. Città bombardate, economia di guerra, macerie.

Tutto passato anche se non dimenticato. La società riprendeva a funzionare secondo le vecchie regole, le famiglie si riunivano o si formavano. C’era voglia di darsi da fare.

Sono nato nel dicembre 1952 secondo di due figli in una città del centro Italia.

Anno interessante il 1952.

Esplodeva la prima bomba all'idrogeno nell’atollo di Bikini, Zeno Colò conquistava la medaglia d'oro nella discesa libera ai VI Giochi Olimpici invernali, l’Italia andava a vedere Don Camillo, alla radio imperversava Nilla Pizzi con Vola Colomba e Papaveri e Papere. La RAI iniziava, ancora in fase sperimentale, le sue trasmissioni televisive. A Milano veniva istallata la prima cabina telefonica e mia madre stava facendo i ricciarelli quando fu presa dalle doglie.

Non li ha più fatti.

Noi nati negli anni ’50 non abbiamo memoria di quei primi anni. Eravamo troppo piccoli. I primi ricordi sono quelli della nostra infanzia e iniziano diciamo dalla metà dei ’50 in poi. Dell’infanzia ho ricordi bellissimi, quasi tutti in famiglia.

Abitavamo al piano terra di una palazzina di tre piani vicino alla ferrovia. I miei genitori, ambedue insegnanti elementari l'avevano comprata con un piccolo mutuo e con l'aiuto dei nonni. All'esterno un piccolo giardino tra altre case delimitava lo spazio dei nostri giochi all'aperto in quei primi anni di vita.

Dato che il mio genetliaco si differenziava per un solo giorno da quello di Cristo, il compleanno era festeggiato assieme al Natale. Non vi crediate che abbia per questo perso una festa. Anzi. La sera di Natale i miei regali erano doppi: uno per il compleanno e uno per Natale. Per me i giorni di Natale sono stati sempre meravigliosi eccetto due, sgradevoli che mi sono rimasti in mente per tutta la vita. Il primo è un ricordo assolutamente infantile. Avrò avuto tre o quattro anni e i miei decisero che quell’anno avrebbero fatto le fotografie di Natale in maniera professionale.

Detto fatto fu invitato un amico fotografo per fare le foto alla casa addobbata e all’albero di Natale assieme ai bimbi.

Mi ricordo infatti perfettamente il flash del fotografo ed il mio irrefrenabile pianto dovuto allo spavento per quella luce accecante. Penso che oggi lo chiamino shock traumatico infantile. Ce ne volle del bello e del buono per farmi smettere di piangere; mia madre mi raccontava che a momenti mi veniva una sincope.

Mio fratello dall’alto dei suoi due anni in più mi guardava con disprezzo.

Il secondo ricordo è un sonoro ceffone affibbiatomi da mio padre per non so quale colpevole ed evidentemente pesante marachella.

Dico evidentemente pesante perché mio padre me ne ha dati solo due in tutta la vita e me li ricordo bene. Il ricordo di quel ceffone in particolare è impresso nella mia memoria perché arrivò durante le vacanze di natale in età scolare. In un pomeriggio pieno di panforti e ricciarelli in attesa dei regali. La ragione per la quale mio padre ricorse a quel deciso e oggi vituperato mezzo correttivo si è persa nella notte dei tempi. Fu comunque una tappa fondamentale nella mia educazione. Fu violata in modo deciso la mia invulnerabilità, e da allora appresi che per mantenere il bene fisico ci sono limiti che non devono essere superati.

A parte questo, ripeto i Natali erano Natali.

Mio zio approfittando del fatto che nella ressa non stavo certo a contare i parenti, dopo la cena della vigilia spariva e dopo essere sceso in cantina a prendere un’enorme gerla piena di regali per me e per mio fratello, suonava il campanello di casa.

– Vai, questo è Babbo Natale – diceva mia madre. Ed io correvo alla porta, lo aprivo e m’imbambolavo alla vista della gerla colma di regali mentre mio fratello più grande e più pratico pensava a trascinarla dentro.

Mi ricordo che un paio di volte, ragionandoci sopra e volendo vedere di persona questo mitico vecchio, saltammo la gerla per salire su per le scale illuminate in cerca di Babbo Natale. Non lo trovammo mai. Mio zio semplicemente dopo aver suonato il campanello riscendeva in cantina per un po’ e poi approfittando della confusione data dallo scarto dei regali e della porta lasciata socchiusa da mia madre tornava tra noi.

Non ci venne mai in mente di scendere in cantina, luogo buio e sinistro popolato certamente di mostri che ingoiavano i bambini, ma solo di salire le scale illuminate nella ricerca vana di una leggenda. La via più facile ben difficilmente porta alla verità.


Continua...